Il 2024 segnerà l’inizio del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (#PNACC), approvato il 21 Dicembre 2023 in Italia. Questo piano strategico mira a mitigare la vulnerabilità dei sistemi naturali, sociali ed economici del Paese di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici.
È ampiamente riconosciuto che la lotta contro il cambiamento climatico da sola non è sufficiente, dato che gli impatti di questo fenomeno sono già evidenti da tempo. È essenziale quindi sviluppare un solido piano di adattamento per proteggere efficacemente le comunità e gli ecosistemi dai cambiamenti climatici in corso. Tuttavia, mentre il piano è un passo nella giusta direzione, emergono alcune criticità.
Il PNACC, suddiviso in cinque sezioni, analizza gli impatti attuali dei cambiamenti climatici in Italia e propone misure di adattamento in settori chiave come difesa del suolo, agricoltura, energia, salute e turismo.
Nonostante i tentativi, il piano è stato oggetto di critiche per la sua carenza di concretezza, suscitando l’impressione di essere più un elenco di intenzioni positive piuttosto che un piano d’azione. In particolare, la mancanza di finanziamenti chiaramente definiti per le 361 azioni delineate nel piano genera incertezze riguardo alla sua effettiva implementazione.
Un’altra preoccupazione è emersa a seguito delle analisi della Legge di Bilancio, dove l’ambiente ha ricevuto scarsa attenzione e i finanziamenti per le azioni del PNACC rimangono non identificati. Questa lacuna potrebbe compromettere l’efficacia del piano nel ridurre la vulnerabilità dell’Italia agli impatti climatici.
Il rischio di non assegnare risorse adeguate è che il PNACC rimanga sulla carta, senza un impatto tangibile. Questa mancanza di azione immediata è particolarmente preoccupante considerando l’aumento degli eventi meteorologici estremi, con danni già in notevole crescita negli ultimi anni.
La mancanza di corrispondenza tra dichiarazioni e impegno reale non è purtroppo uno schema nuovo nell’ambito nei cambiamenti climatici. Anche nel corso della COP 28, tenutasi a Dubai a dicembre 2023 – sebbene sia stato riconosciuto il contributo inequivocabile delle emissioni di gas serra dovute all’attività umana all’aumento medio della temperatura mondiale di 1,1 ° C – nel testo finale si è optato per l’espressione “transition away from fossil fuels in energy systems” anziché l’opzione più decisa “phasing-out”.
I due termini: transition away e phasing out hanno significati diversi. Il primo, “transition away”, evoca un abbandono graduale dei combustibili fossili mentre “phasing-out” avrebbe assunto un tono più perentorio e deciso prospettando una loro più rapida eliminazione. Manca inoltre una roadmap chiara: si è parlato ancora troppo di obiettivi a lungo termine e troppo poco di passi concreti sul breve termine, di impegni vincolanti e drastici.
In conclusione, l’urgenza di affrontare la crisi climatica richiede un impegno politico forte e l’allocazione di risorse economiche specifiche, solo così possiamo coltivare speranza per un futuro più sostenibile e resiliente.