SOS Terra: Alla Ricerca Delle Strategie Globali Per Salvare La Biodiversità

La biodiversità diminuisce a un ritmo allarmante. Quanto siamo lontani dal raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2030?

Tra le problematiche ambientali più gravi del nostro millennio, quella che sicuramente suscita minore attenzione da parte dei media è la perdita di biodiversità

Nonostante alcune fantasiose fake news che circolavano sui social avessero definito l’Italia come il Paese con più biodiversità al mondo, in una classifica delle nazioni con più biodiversità, l’Italia si collocherebbe circa a metà. Tuttavia, per essere un paese europeo, l’Italia è particolarmente ricca di specie. Tecnicamente, a livello europeo si colloca al secondo posto, subito dopo la Spagna.

I motivi da ricercare in questa ricchezza sono dovuti alla sua posizione geografica: l’Italia è uno dei paesi europei posizionati più a sud; è una rotta obbligata per svariati animali migratori; è costituita da habitat molto diversi, come grandi catene montuose, pianure, lagune, ecc.; infine, possiede due grandi isole, in cui le popolazioni hanno potuto differenziarsi portando alla nascita di nuove specie.


Nonostante la situazione italiana e del bacino del Mediterraneo sia migliore rispetto al resto del mondo, le condizioni di conservazione di alcuni gruppi di animali italiani risultano particolarmente critiche (è il caso ad esempio di squali, razze, pesci di acqua dolce e cetacei).

A livello globale la situazione è decisamente più seria: circa un quarto di tutte le specie rischiano l’estinzione nei prossimi decenni. Se gli scenari peggiori dovessero confermarsi, e i processi di estinzione continuare ai ritmi dell’ultimo secolo, il fenomeno che stiamo osservando non sarebbe dissimile dalle grandi estinzioni di massa avvenute nel passato.

Le cause di tale riduzione di biodiversità sono molteplici. Tuttavia, gli studiosi sono concordi nell’identificare almeno 5 elementi chiave che contribuiscono alla perdita di diversità biologica:

cambiamento climatico, perdita e degradazione degli habitat, invasione di specie non autoctone, sovrasfruttamento (eccessiva caccia, pesca e raccolta) e catene di estinzioni.

Biodiversità e Agenda 2030: a che punto siamo?

Anche il rapporto ASVIS 2023 (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) conferma che gli sforzi fatti fino ad oggi per tutelare la biodiversità sono insufficienti: siamo ancora troppo lontani dal raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Cambiamento climatico

Nell’ambito dell’emissione dei gas a effetto serra (GHG), causa principale del cambiamento climatico, l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990 non verrà raggiunto entro il 2030 se si manterranno i ritmi di emissione attuali.

Perdita e degradazione degli habitat

Le superfici terrestri protette costituiscono il 21,7% del territorio nazionale, mentre le superfici marine protette sono l’11,2%, contro 30% previsto entro il 2030. Inoltre, per le aree marine protette non è possibile valutare l’andamento vista la mancanza dei dati in serie storica. Anche il consumo di suolo non accenna a rallentare, fattore che aumenta l’impermeabilizzazione e riduce l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Sovrasfruttamento

Restano inoltre alti gli stock ittici in sovrasfruttamento a cui si aggiunge il problema dell’inquinamento del mare, in particolare da plastica.

Finora, le politiche italiane hanno tardato nell’affrontare efficacemente le sfide globali della biodiversità. Tuttavia, con la recente approvazione della Legge costituzionale n.1 del 2022, il nostro paese sembra muoversi verso un impegno più deciso. Le modifiche costituzionali offrono ora una tutela specifica per l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi. La Legge n.1/2022, tramite gli articoli 9 e 41, integra il principio di One Health, collegando salute umana, animale e vegetale. L’articolo 41 vincola l’iniziativa economica privata a promuovere l’utilità sociale senza danneggiare salute o ambiente, in sintonia con il Green Deal europeo.

L’UE sta inoltre attualmente elaborando nuove leggi per il ripristino della natura, con l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine entro il 2030. Queste norme rappresenterebbero un passo importante, definendo obiettivi vincolanti per l’azione di ripristino e delineando un percorso concreto per preservare la natura nei prossimi decenni. Tuttavia, la legge europea per il ripristino della natura indica un obiettivo pari ad almeno il 20%, anziché al 30%, come indicato nella COP 15 e, al momento, non ci sono proposte politiche che indichino in che modo l’UE intenda colmare questa differenza.

Insomma, il quadro offerto dai dati disponibili appare decisamente insoddisfacente. Ciononostante, l’Italia e l’Europa possono e devono cogliere l’occasione del tempo rimanente per operare quel “cambio di passo” indispensabile per migliorare la qualità dell’ambiente e arrestare la perdita di biodiversità.

 
In questo percorso, anche le imprese private giocano un ruolo fondamentale. Sempre più aziende stanno direttamente e indirettamente sostenendo e finanziando progetti a favore dell’ambiente. Tra le iniziative più significative, il calcolo della propria Carbon Fooprint (per misurare le emissioni di gas serra) e l’implementazione di strategie di decarbonizzazione costituiscono i primi passi nella lotta contro il cambiamento climatico, problematica che incide fortemente sulla perdita di biodiversità. Oltre a queste azioni, intraprendere percorsi di miglioramento volti all’ottenimento di certificazioni che attestino l’impatto ambientale ridotto dei prodotti, come Ecolabel, FSC, plastica seconda vita, ecc., e redigere un report di sostenibilità per adottare una politica trasparente verso gli stakeholder, sono tutti elementi chiave.

Secondo i nuovi standard della normativa europea sulla rendicontazione di sostenibilità (CSRD), le imprese dovranno fornire informazioni dettagliate su come influiscono sulla biodiversità e sugli ecosistemi, descrivendo in dettaglio le azioni intraprese e fornendo risultati nella prevenzione, mitigazione o riparazione di impatti negativi.

Se la tua azienda è orientata a intraprendere un percorso verso una gestione aziendale più responsabile, desidera stabilire una strategia ESG o è interessata a avviare la rendicontazione della sostenibilità attraverso la redazione di un report dedicato, puoi contattarci per prenotare una consulenza. Ti offriremo il nostro supporto per guidarti nel cammino verso un futuro più sostenibile.