

L’Unione Europea aveva messo sul tavolo una proposta chiara: regole più severe contro il greenwashing, per frenare le dichiarazioni ambientali vaghe, fuorvianti o semplicemente false da parte delle aziende. La “Direttiva sui Green Claims”, parte del pacchetto per una transizione verde equa e trasparente, puntava a imporre criteri rigorosi per le comunicazioni ambientali nei prodotti e nei servizi.
Ma c’è un cambio di rotta: l’Italia non recepirà la Direttiva entro la fine della legislatura europea, e la misura è di fatto sospesa a tempo indefinito. Questo non significa però che tutto torni libero e opaco. Anzi.
La proposta mirava a stabilire che:
- Le affermazioni ambientali (come “carbon neutral” o “eco-friendly”) dovessero essere verificabili, comparabili e basate su prove scientifiche.
- I claim generici non fossero più ammessi senza una giustificazione solida e trasparente.
- I marchi ambientali usati dalle aziende fossero autorizzati a livello europeo o validati da enti terzi.
L’obiettivo era bloccare le pratiche ingannevoli, promuovere la concorrenza leale e aiutare i consumatori a fare scelte realmente sostenibili.
La direttiva si è arenata per motivi politici e di tempistiche legislative. Il Parlamento europeo l’aveva approvata, ma l’iter si è interrotto prima dell’approvazione definitiva da parte del Consiglio. L’Italia, in attesa di indicazioni future, non la trasformerà in legge nazionale.
Cosa rimane in piedi
La battaglia contro il greenwashing non si ferma. Anche senza la Direttiva, ci sono strumenti già attivi che obbligano le aziende alla correttezza:
1. Direttiva UE contro le pratiche commerciali sleali
È già in vigore e vieta la pubblicità ingannevole, inclusi i claim ambientali se non supportati da dati concreti. Le autorità nazionali possono intervenire, sanzionare e obbligare alla rimozione di dichiarazioni scorrette.
2. Codice del Consumo (Italia)
Impedisce l’utilizzo di messaggi falsi o fuorvianti che possano indurre il consumatore a scelte che altrimenti non farebbe. Include esplicitamente anche i temi ambientali.
3. Linee guida e sentenze
L’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha già multato aziende per greenwashing. E le linee guida europee sull’interpretazione dei claim ambientali sono ancora un riferimento utile per chi vuole comunicare in modo corretto.
Il messaggio è chiaro: anche senza nuove leggi, chi comunica la sostenibilità deve farlo in modo onesto, verificabile e trasparente. Il rischio non è solo reputazionale: ci sono sanzioni, class action e perdita di fiducia da parte dei consumatori.
Le aziende devono:
- Documentare e rendere accessibili le prove a supporto dei claim ambientali.
- Evitare slogan vaghi e non misurabili.
- Utilizzare solo certificazioni riconosciute e verificabili.
